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Personalità, eventi di vita e processi di adattamento

La funzione dei fattori di personalità nel benessere è stata sottolineata da diverse teorie del benessere soggettivo. Secondo i modelli top-down, esisterebbe una propensione generale, che deriva da tratti stabili di personalità, a sperimentare la vita in modi postivi o negativi (Diener, 1984). Gli stessi eventi sarebbero interpretati in modi più o meno favorevoli a seconda di tratti di personalità diversi. In una meta-analisi (DeNeve & Cooper, 1998), sono stati sintetizzati i risultati di una grande vastità di ricerche che hanno valutato il ruolo di 137 tratti di personalità nel prevedere la soddisfazione, l’affetto positivo e l’affetto negativo. Fra le caratteristiche specifiche risultate più consistentemente correlate al benessere soggettivo vi sono la repressione delle emozioni negative potenzialmente minacciose, la fiducia, la stabilità emotiva, il desiderio di controllo, l’affettività positiva e l’autostima. La ricerca ha dimostrato che quando i singoli tratti vengono raggruppati in base alle dimensioni del Big Five (Caprara, Barbaranelli and Borgogni, 1993) il nevroticismo risulta essere il migliore predittore delle varie componenti del benessere soggettivo; in particolare, è associato a scarsa soddisfazione, alti livelli di emozioni spiacevoli e bassi livelli di emozioni piacevoli. Per quel che concerne il ruolo degli eventi di vita nel benessere soggettivo, Cohen (1988) osserva che la relazione fra gli eventi di vita e il benessere psicologico non è di natura diretta, ma è mediata da altre variabili: le caratteristiche ambientali, come la presenza di sostegno sociale, e quelle di personalità. Alcuni tratti specifici predisporrebbero le persone ad andare incontro a eventi positivi o negativi (Magnus et. al., 1993); si è visto che chi è estroverso possiede abilità sociali più efficaci e tende a scegliere attività sociali piacevoli, fattori che aumentano la probabilità di sperimentare eventi positivi (Argyle & Martin, 1991). L’importanza degli eventi di vita per il benessere psicologico è stata sottolineata da Holmes e Rahe (1969), che indicarono già trent’anni fa come l’accumulo di eventi di vita possa essere all’origine di disturbi psicologici. L’elemento critico è l’entità del cambiamento e quindi lo sforzo conseguente di adattarsi; in questo senso anche eventi positivi o piccole seccature quotidiane possono produrre effetti negativi. Si è trovato, inoltre, che l’esperienza di eventi critici come incidenti stradali o malattie può ridurre il benessere attraverso una modificazione delle credenze ottimistiche e del proprio controllo personale: le persone tenderebbero, infatti, a percepirsi più vulnerabili e indifese nei confronti del futuro dopo avere avuto esperienze di questo tipo (Gluhoski & Wortman, 1996). Lo scarso potere predittivo delle variabili demografiche ha indotto, inoltre, i ricercatori a considerare anche il processo di adattamento dei soggetti alle nuove situazioni. Le persone inizialmente reagirebbero in maniera forte agli eventi e alle circostanze, ma poi, in poco tempo, ritornerebbero al livello di base iniziale. Uno studio di Silver (1980) condotto con soggetti che avevano subito incidenti gravi ha mostrato che le emozioni iniziali spiacevoli tendevano ad attenuarsi nel corso del tempo. Il nucleo della teoria dell’adattamento è l’ipotesi che il verificarsi di eventi molto positivi o molto negativi induca a una modificazione delle proprie aspettative e dei criteri personali di una buona qualità della vita, col risultato che l’effetto inizialmente negativo o positivo tende ad attenuarsi. Secondo Taylor (1983), invece, l’adattamento sarebbe il risultato di strategie di fronteggiamento atte a recuperare la percezione del controllo sugli eventi e a rafforzare la propria autostima, conducendo al ripristino di una condizione di relativo benessere soggettivo.

© Stile repressore e benessere - Margherita Monti



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